ECONOMIA CIRCOLARE

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Il tema dell’Economia Circolare è un approccio che storicamente è stato sempre presente come approccio alle attività umane. In tempi più recenti ha assunto, per il perseguimento della maggior sostenibilità e della minimizzazione degli impatti ambientali una maggior pervasività, anche in osservanza di norme di varia natura sempre più stringenti.
Nel contempo sono state sviluppate metodologie più rigorose e puntuali per valutare e confrontare, nel modo più esteso e approfondito. le possibili alternative tecnologicamente e normativamente praticabili nella scelta dei processi più appropriati e, appunto sostenibili, dai vari punti di vista. In sostanza, per prodotti, processi, sistemi si sono messe a punto analisi delle varie fasi del “ciclo” di vita che riguarda la fabbricazione (in senso ampio), l’utilizzo (inteso come insieme di tutte le attività coinvolte, compresi eventuali rinnovi ed upgrading) e, infine, tutti i segmenti finali volti a riutilizzare, riciclare e recuperare l’insieme, parti, componenti o risorse. L’economia circolare è’ una “filosofia” concettualmente relativamente semplice ma che si concretizza in attività complesse che si debbono avvalere di un know how completo e sofisticato. L’ambiente urbano presenta una concentrazione di opportunità (dato che le città ospitano residenzialità, servizi, settori produttivi) che richiedono un approccio completo e non semplice ma che può fornire importanti risultati. In quest’Area del sito si riportano considerazioni di natura generale, casi notevoli, problemi e possibili soluzioni.

Economia circolare
un modello consolidato: IL COBAT

L’economia circolare è ormai in cima all’agenda della politica internazionale. Si tratta di un passo in avanti rispetto a quella che prima veniva definita green economy. È un cambio di paradigma dell’intero sistema produttivo, che da lineare – produzione, distribuzione, consumo e smaltimento – diventa appunto circolare, basato su:

  • Progettazione funzionale al riciclo
  • Produzione/ Rifabbricazione
  • Distribuzione
  • Consumo/ Uso/ Riutilizzo/ Riparazione
  • Raccolta
  • Riciclo, con produzione di nuove materie prime da reimmettere nel ciclo produttivo

L’economia circolare è innanzitutto una questione di responsabilità: quella di chi produce o importa determinati beni in Italia e che per legge è obbligato a coprirne i costi di raccolta e avvio al riciclo, quando i consumatori se ne dovranno disfare. Ma non c’è solo questo: i produttori si devono impegnare a fabbricare manufatti che siano durevoli, riparabili e riciclabili: è il cosiddetto Ecodesign, conditio sine qua non dell’economia circolare.
Una volta fatto tutto ciò, è fondamentale comunicarlo ai consumatori, perché comprendano il valore di prodotti che rientrano in un’ottica di economia circolare. Questo è quanto può fare l’industria. Poi ci sono i governi, che se davvero vogliono scommettere sull’economia del futuro devono investire in ricerca per mettere a punto processi di riciclo che stiano al passo con l’incessante innovazione tecnologica di quanto viene immesso sul mercato.

L’economia circolare è già oggi una filiera fondamentale per l’Italia, che significa posti di lavoro, innovazione e benefici per l’ambiente, per le stesse imprese – che utilizzano in maniera più efficiente le risorse – e per l’intero sistema Paese, che può contare sull’approvvigionamento di materie prime derivanti dal riciclo.
L’impatto dell’economia circolare è visibile anche a livello urbano. Raccogliere, riutilizzare, riparare e riciclare significa meno rifiuti, anche per strada. Basti pensare alle batterie al piombo. Oltre 30 anni fa era molto facile inciampare in qualche accumulatore abbandonato, in città come in campagna. Oggi non più, proprio grazie all’economia circolare.
Quando nel 1988 il Parlamento italiano ha deciso di affrontare la situazione delle batterie al piombo disperse nell’ambiente creando un consorzio, la situazione nel Paese era veramente desolante.
Con il basso prezzo del piombo sui mercati internazionali, il valore dei rottami di piombo e dunque anche delle batterie era insignificante: quindi in termini economici a nessuno conveniva la raccolta ed anche il conseguente riciclo delle batterie.
Si trovavano batterie esauste non solo abbandonate nelle discariche abusive, ma addirittura sui marciapiedi delle città, vicino a monumenti storici, nei boschi.
Impegnando i produttori di batterie a sostenere i costi di una raccolta e un trattamento di riciclo corretti dal punto di vista ambientale in pochi anni si è risolto il problema.
Si sono dovute fare grandi campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e mettere a disposizione dei privati e delle aziende servizi di logistica efficienti.
Fatto ciò, solo dopo pochi anni l’Italia si poteva vantare di avere una raccolta e un riciclo di batterie al piombo in linea con i Paesi occidentali considerati da sempre estremamente virtuosi nei confronti dell’ambiente, come Norvegia e Finlandia.
Nessuno la chiamava ancora economia circolare, ma si tratta di uno dei primi esempi strutturati di Circular Economy a livello europeo.
È la storia di Cobat, uno dei primi consorzi che hanno avviato l’economia circolare in Italia.
In trent’anni di attività ha raccolto e avviato al riciclo più di 25 milioni di tonnellate – venti volte il peso del Colosseo – di pile e batterie esauste, rifiuti elettronici e pneumatici fuori uso.
Forte di un’esperienza e di un impegno trentennali, Cobat è oggi la grande piattaforma italiana dell’economia circolare che guarda al futuro, lavora a stretto contatto con le principali imprese tecnologiche del Paese e continua a puntare su innovazione e ricerca, consapevole i prodotti di oggi sono i rifiuti di domani.

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